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Azione Il termine «azione», nella sua accezione neurofisiologica, definisce un movimento diretto a ottenere uno scopo. La finalità, quindi, costituisce la proprietà fondamentale dell'azione. Vi sono azioni volte al raggiungimento e alla manipolazione di oggetti, azioni rivolte verso di sé, azioni comunicative. L'approccio tradizionale al sistema motorio corticale ha da sempre rivolto l'interesse allo studio del movimento e non a quello dell'azione. Ciò, soprattutto, perché la stimolazione elettrica della corteccia evoca movimenti. Di conseguenza, già G. Frisch e J. Hitzig, alla fine dell'800, e successivamen te D. Ferrier, avevano interpretato i risultati della stimolazione elettrica della corteccia motoria del cane e della scimmia come la dimostrazione dell'esistenza in corteccia di una mappa di movimenti. A questi esperimenti preliminari seguirono, tra gli altri, i contributi di Ch. Sherrington (stimolazione elettrica corticale nelle scimmie antropomorfe) e di J. H. Jackson (studio della progressione dell'eccitazione epilettogena). Infine, intorno alla metà del '900, W. Penfield (1950) nell'uomo e C. Woolsey (1958) nel macaco, mediante studi di elettrostimolazione di superficie rispettivamente durante interventi neurochirurgici nell'uomo e durante esperimenti nella scimmia, giunsero alla definizione di mappe motorie a elevata risoluzione somatotopica. Ancora oggi, nessun testo di neuroscienze rinuncia alla rappresentazione dei due gnomi con la mano e la bocca enormi che giacciono, rispettivamente, a testa in givi sulla corteccia prerolandica (il più grande) e in posizione supina sulla corteccia mesiale del lobo frontale (il più piccolo). Nonostante possano risultare utili da un punto didattico a dimostrare concetti di base ed essenziali, come quello di somatotopia (punti vicini del corpo sono rappresentati in punti vicini della corteccia) e di anisotropia (l'estensione della rappresentazione motoria corticale di una parte corporea è proporzionale alla complessità dei movimenti ivi rappresentati e non all'estensione fisica della parte del corpo), l'omunculo di Penfield e lo simiuscolo di Woolsey rinforzano il pervasivo dogma della neurofisiologia clinica secondo cui, in corteccia, sono rappresentati i movimenti. Inoltre, secondo quella visione, il sistema motorio sarebbe formato da due aree: l'area motoria primaria (MI) e l'area motoria supplementare (MII o SMA). A sostenere questa rappresentazione funzionale della corteccia motoria vi erano evidenze neuroanatomiche. Infatti, la corteccia frontale motoria ha una struttura citoarchitettonica agranulare abbastanza omogenea, senza esplicite differenze tra settori. Per questo motivo, basandosi sulla distribuzione delle cellule piramidali, K. Brodmann aveva suggerito che la corteccia motoria dei primati fosse formata da due aree (area 4 e area 6) che, nella loro estensione, comprendevano quasi interamente le regioni di rappresentazione dei due omuncoli di Penfield. Malgrado le precoci critiche all'inadeguatezza di tale suddivisione da parte di alcuni colleghi di Brodmann (tra cui i coniugi Vogt nel 1919), l'esistenza di un'area motoria (area 4, origine principale delle proiezioni corticospinali) e di un'area premotoria (area 6, responsabile della preparazione del movimento soprattutto a livello prossimale) è stata per i neurofisiologi un'accettabile schematizzazione. Il vasto consenso ottenuto inizialmente da questo quadro di riferimento anatomico e funzionale dipende dal fatto che dava una spiegazione semplice a un problema complesso: il sistema motorio era visto come una mappa di movimenti (look-up table), collegata in uscita al servomeccanismo spinale e in ingresso alle cosiddette «aree associative», responsabili dell'integrazione delle varie informazioni sensoriali (visiva, uditiva, tattile, ecc.) e di quelle interne al sistema (ad esempio l'intenzionalità) che portano alla programmazione motoria. Nelle ultime due decadi questa visione unitaria è stata messa in discussione da una serie di osservazioni sperimentali. 1) Studi neuroanatomici, in particolare di citoarchitettonica corticale (lo studio della disposizione dei vari tipi cellulari all'interno degli strati che formano la corteccia), istochimici (lo studio delle proprietà biochimiche cellulari che differenziano le varie aree della corteccia) e neurochimici (lo studio dei recettori per neurotrasmettitori e neuromodulatori presenti sulla membrana cellulare dei neuroni), indicano che la corteccia agranulare/disgranulare dei lobi frontali (tale definizione si riferisce alla distribuzione cellulare nel IV strato corticale, tipicamente poco rappresentato nelle aree motorie) è formata da una costellazione di aree distinte, di cui l'area motoria primaria (MI o area 4 di Brodmann) occupa solo la parte più posteriore, insinuandosi quasi interamente dentro al solco centrale, mentre l'area 6 è formata da un mosaico di almeno sei aree differenti. Le aree F2 e F7 (secondo la nomenclatura proposta da M. Matelli e collaboratori, 1985) formano il settore dorsale dell'area 6, le aree F4 e F5 quello ventrale e le aree F3 (che corrisponde all'area supplementare motoria di Woolsey, MII) ed F6 si trovano sulla faccia mesiale degli emisferi, all'interno della scissura interemisferica. Una simile organizzazione a mosaico è riconoscibEe anche nella corteccia del lobulo parietale inferiore e i due mosaici, quello frontale e quello parietale, sono connessi bidirezionalmente con una serie di circuiti paralleli. 2) Lo studio elettrofisiologico dei neuroni all'origine dei circuiti paralleli parietofrontali indica un loro ruolo nella trasformazione dell'informazione sensoriale in azioni organizzate in modo specifico per un determinato effettore (ad esempio il braccio, la mano, la testa o gli occhi) e non in base a una specifica modalità sensoriale (visiva, somestesica, ecc.). Di conseguenza, la concezione originale di Penfield e Woolsey secondo cui esisterebbero nel lobo frontale due sole aree motorie organizzate in maniera somatotopica si dimostra oggi insufficiente a spiegare le nuove evidenze sperimentali. Al contrario, ogni effettore è rappresentato più volte in corteccia, e tale pluralità di rappresentazioni trova la sua giustificazione nella pluralità delle informazioni sensoriali (visiva, propriocettiva, tattile). Ad esempio, nonostante la microstimola-zione elettrica di specifiche regioni dell'area F1 (motoria primaria), dell'area F2 (premotoria dorsale) e dell'area F4 (premotoria ventrale) evochi sempre movimenti del braccio, l'area F2 è raggiunta da informazioni prevalentemente propriocettive, mentre l'area F4 da informazioni visive e tattili. 3) A parte la peculiare attività correlata al movimento, diversi neuroni collocati nella corteccia agranulare frontale scaricano anche durante la stimolazione passiva. Questo accoppiamento sensori-motorio è spesso effettore-specifico: la stimolazione luminosa di specifiche regioni del campo visivo eccita neuroni motori dei campi oculari frontali (frontal eye fields, fef), la stimolazione propriocettiva e tattile profonda evoca risposte neuronali nella corteccia motoria primaria; la stimolazione tattile superficiale di viso, braccia e tronco attiva i neuroni dell'area F4; la mobilizzazione passiva delle articolazioni del braccio eccita i neuroni specifici dll'area F2; la stimolazione passiva delle articolazioni delle dita correla con l'attività dei neuroni dell'area F5. Esistono inoltre, soprattutto nella parte ventrale della corteccia premotoria, neuroni motori che si attivano anche alla presentazione di stimoli visivi. Quest'ultima osservazione, in particolare, solleva importanti questioni circa la natura dell'attività di questi «neuroni sensori-motori». Il fatto che il loro segnale d'uscita sia lo stesso durante l'esecuzione motoria e durante la stimolazione sensoriale suggerisce un'apparente ambiguità funzionale. In realtà, l'associazione stimolo-risposta che caratterizza i neuroni sensori-motori della corteccia frontale potrebbe fornire il fine al movimento, trasformando la rappresentazione dei movimenti, così come originariamente concepita dai fisiologi classici, in rappresentazione di azioni: movimenti diretti a uno scopo. Ciò non toglie che esistano anche moltissimi neuroni esclusivamente motori. Essi tuttavia convivono con quelli sensori-motori all'interno delle stesse aree corticali. Al contrario, non è a tutt'oggi nota un'area corticale dove siano presenti solo neuroni motori. Esamineremo qui in dettaglio alcune categorie di azioni, suddivise per effettore, ponendo particolare attenzione sulla descrizione dell'accoppiamento sensori-motorio (e in particolare visuomotorio) specifico di ciascuna categoria di azione. Il circuito corticale deputato alla programmazione dei movimenti oculari è costituito da un'area parietale localizzata nel labbro laterale del solco intraparietale (luteral intraparietal area, lip) e dai fef corrispondenti all'area 8 secondo la classificazione di Brodmann della corteccia del macaco. I neuroni dell'area lip e quelli dei fef si attivano prima e durante l'esecuzione di movimenti oculari e sono caratterizzati da campi recettivi visivi che vengono attivati dalla presentazione di stimoli luminosi all'interno di una specifica regione del campo visivo. L'accoppiamento sensori-motorio di questi neuroni è facilmente comprensibile: la regione del campo visivo che definisce il campo recettivo visivo di un dato neurone ne definisce anche il «campo motorio». In altri termini, costituisce la regione bersaglio per i movimenti oculari codificati da quello stesso neurone. È comunque interessante notare che la risposta visiva si ottiene anche indipendentemente da una successiva esecuzione del movimento oculare. Considerati nel loro insieme, i campi recettivi visivi del circuito oculomotorio costituiscono una vera e propria mappa bidimensionale dello spazio visivo in cui operano i movimenti saccadici. E di estremo interesse, ai fini della presente trattazione, il fatto che i neuroni dei fef non si attivino durante movimenti oculari eseguiti al buio e quindi non diretti verso specifici bersagli visivi. Alla luce della distinzione tra azione e movimento, tali neuroni sembrano quindi codificare vere e proprie «azioni» degli occhi. Diverse evidenze sperimentali nella scimmia e nell'uomo hanno permesso di ipotizzare che l'esistenza di neuroni visuomotori nel circuito deputato all'esecuzione dei movimenti oculari possa essere alla base del meccanismo di orientamento dell'attenzione. Nonostante, già nella seconda metà dell'800, H. von Helmholtz avesse dimostrato sperimentalmente che conoscere la posizione spaziale in cui comparirà uno stimolo ne facilita la percezione, solo di recente è stato dimostrato che orientare l'attenzione equivale a preparare (senza eseguire) un movimento oculare verso la posizione attesa. La facilitazione percettiva che caratterizza la fecalizzazione dell'attenzione sarebbe così dovuta a un'attivazione «al contrario» (dal frontale al parietale) del circuito che serve a eseguire i movimenti oculari, fino a raggiungere quelle regioni delle aree parietali e occipitali più propriamente responsabili della percezione dello stimolo che successivamente apparirà. Recentemente, sono state fornite alcune prove sperimentali nella scimmia a supporto di quest'ipotesi: da un lato l'inattivazione funzionale mediante muscimolo (una sostanza chimica che inibisce la scarica dei neuroni) dei fef impedisce lo spostamento dell'attenzione, dall'altro la stimolazione elettrica degli stessi fef con correnti di debolissima intensità (insufficienti a provocare un movimento oculare) facilita la percezione di stimoli visivi presentati nel campo recettivo dei neuroni stimolati. Come detto sopra, vi sono molteplici aree premotorie ove sono rappresentate le azioni di raggiungimento. Verrà qui trattata prevalentemente quella porzione della corteccia premotoria ventrale nota con il nome di area F4 (Fogassi et al., 1996). L'area F4 forma la parte caudale della corteccia premotoria ventrale. La microstimolazione intra-corticale di quest'area evidenzia una grossolana rappresentazione di movimenti (azioni) del collo, della porzione prossimale del braccio, del tronco, della faccia e della bocca. Alcuni movimenti sono movimenti di raggiungimento, altri di evitamento. Oltre che alla scarica motoria, i neuroni in F4 rispondono in maggioranza anche alla stimolazione sensoriale e possono essere suddivisi, in base alle loro risposte sensoriali, in due classi: i neuroni somatosensoriali e i neuroni bimodali (somatosensoriali e visivi). I neuroni somatosensoriali hanno campi recettivi che rispondono alla stimolazione tattile superficiale del viso, del tronco e delle braccia e le dimensioni del campo recettivo possono variare da pochi centimetri quadrati fino a ricoprire regioni estese come l'intera emifaccia. I neuroni bimodali hanno proprietà somatosensoriali analoghe a quelle dei neuroni somatosensoriali, ma scaricano anche quando un oggetto reale, tridimensionale, viene introdotto nello spazio che circonda l'animale e in particolare si dirige verso il campo recettivo tattile del neurone. Le porzioni di spazio intorno all'animale la cui stimolazione visiva con oggetti tridimensionali modula la scarica neuronale rappresentano il campo recettivo visivo. Questi campi recettivi visivi molto spesso si estendono a partire dal campo recettivo tattile dello stesso neurone, sono ben delimitati in profondità (da pochi centimetri a 40-50, comunque entro la massima distanza di raggiungimento con il braccio) e la loro stimolazione produce un'ampia e costante risposta neuronale. Il medesimo stimolo, per contro, non evoca risposta neuronale se viene mosso all'esterno dei confini del campo recettivo visivo. Lo studio elettrofisiologico delle risposte visive dei neuroni F4 indica che i campi reattivi visivi rimangono ancorati a quelli tattili indipendentemente dalla direzione verso cui l'animale dirige lo sguardo. È importante sottolineare che le coordinate spaziali del campo recettivo visivo non originano da un unico punto di riferimento (posto, ad esempio, sulla linea mediana del corpo come suggerito da alcuni studi teorici), ma sono ancorate alle diverse parti corporee. Di conseguenza, lo spostamento di una determinata parte del corpo su cui si insedia un campo visivo provoca un analogo spostamento del campo stesso. Appare quindi evidente che non esiste un singolo punto di repere rispetto al quale i diversi movimenti scheletrici vengono riferiti, bensì una molteplicità di punti di riferimento differenti e correlati alle posizioni reciproche dei campi recettivi tattili e visivi, con la possibilità di sistemi di riferimento che di volta in volta possono essere centrati sulla testa, sul braccio, sul tronco, ecc. La presenza nell'area F4 di neuroni che scaricano sia in risposta a stimoli visivi che durante il movimento attivo solleva il problema della natura di tale risposta visiva. Sono possibili diverse ipotesi. 1) L'ipotesi più ovvia (e conservativa) interpreta la risposta visiva dei neuroni dell'area F4 come una preparazione a un imminente atto motorio in reazione allo stimolo. Tuttavia, questa ipolesi sembra poco plausibile, poiché la risposta non dipende dalla natura dello stimolo e stimoli piacevoli, spiacevoli o neutri evocano la stessa risposta neuronale a fronte di reazioni comportamentali differenti. 2) Secondo un'ipotesi alternativa, le risposte visive dei neuroni dell'area F4 sarebbero realmente sensoriali e codificherebbero lo spazio in base a criteri visivi. In altri termini, i neuroni segnalerebbero la posizione di un oggetto nello spazio mediante mappe visive basate su sistemi di coordinate geometriche. 3) Un'ulteriore ipotesi suggerisce che la scarica visiva dei neuroni in F4 rifletta un'azione potenziale diretta verso una particolare posizione nello spazio. La presentazione di uno stimolo visivo evocherebbe automaticamente tale rappresentazione dell'azione, che (indipendentemente dalla reale esecuzione) consentirebbe di conoscere la posizione nello spazio dello stimolo, non in termini geometrici ma in termini motori. Di conseguenza, il concetto introspettivo di «spazio», anziché costituire una categoria puramente percettiva, potrebbe essere il risultato di un'interazione motoria con l'ambiente, come già suggerito da E. Mach (1896). Di conseguenza, nell'area F4 sarebbero archiviate (in una specie di «vocabolario» motorio) le varie azioni che consentono di raggiungere specifiche posizioni nello spazio. Le proprietà tridimensionali dei campi recettivi premotori depongono in favore dell'interpretazione «motoria»: non complessi calcoli di trasformazione di coordinate (ad es. coordinate degli occhi e coordinate del braccio) ma una serie di mappe visuomotorie ottenute dalla progressiva esplorazione attraverso le azioni del braccio, del corpo o della testa dello spazio peripersonale. Nonostante ognuno di noi abbia introspettivamente l'idea che raggiungimento e prensione formino un'unica azione, esistono molteplici evidenze psicofisiche e neurofisiologiche in favore dell'idea che le due azioni siano codificate in circuiti relativamente indipendenti. La regione della corteccia premotoria che codifica l'afferramento degli oggetti (con la mano o con la bocca) è l'area F5 della corteccia premotoria ventrale (Rizzolatti e Fadiga, 1998). L'area F5 forma la parte rostrale della corteccia premotoria ventrale. La microstimolazione intracorticale dell'area F5 e le registrazioni da singoli neuroni durante il movimento attivo indicano che in quest'area esiste una rappresentazione dei movimenti della mano e della bocca. La maggioranza dei neuroni si attiva durante l'esecuzione di movimenti finalizzati (azioni) come afferrare, manipolare, strappare, tenere, non durante movimenti della mano o delle dita simili in termini di gruppi muscolari attivati, ma con scopo differente (ad es. grattarsi, spingere lontano dal corpo, ecc.). Al contrario, molti neuroni dell'area F5 si attivano durante azioni caratterizzate dal medesimo scopo, ma eseguite con effettori diversi (ad es. afferrare un oggetto con la mano destra, con la mano sinistra o con la bocca). Appare ovvio come, in questo caso, sia del tutto insufficiente una spiegazione del fenomeno in termini di movimenti elementari. I neuroni più rappresentati nell'area F5 sono quelli specializzati nei movimenti di afferramento, in particolare nella presa con la pinza di precisione (opposizione dei polpastrelli del pollice e dell'indice). Il livello di specificità raggiunto da alcuni neuroni appare talvolta sorprendente. Vi sono neuroni nell'area F5 che distinguono tra la presa di precisione a opposizione piena dei polpastrelli e presa di precisione tra polpastrello del pollice e fianco dell'ultima falange dell'indice così come, nell'ambito dei neuroni che codificano l'afferramento con la mano intera, l'afferramento di una sfera (che richiede l'opposizione di tutte le dita) è codificato da neuroni differenti da quelli che codificano la prensione di un cilindro (che richiede l'opposizione di tutte le dita a eccezione del pollice). Nel loro complesso, le proprietà motorie dei neuroni dell'area F5 suggeriscono che in quest'area corticale sia presente una collezione di schemi motori (Arbib, 1981) o, come originariamente proposto da G. Rizzolatti e collaboratori, un «vocabolario» di azioni di afferramento. I «vocaboli» che lo compongono sarebbero rappresentati da popolazioni di neuroni. Alcuni indicherebbero la categoria generale cui appartengono alcune azioni (tenere, afferrare, strappare, manipolare); altri specificherebbero la maniera più appropriata per adattare la mano a uno specifico oggetto (ad es. neuroni specifici per la prensione di precisione); altri ancora sarebbero dedicati alla segmentazione temporale dell'azione (apertura della mano, chiusura delle dita, ecc.). La principale differenza tra l'area F5 e la corteccia motoria primaria (area F1) sarebbe quindi la sua partecipazione alla codifica di azioni finalizzate, mentre in F1 sarebbero rappresentati movimenti fini (ad es. delle singole articolazioni delle dita) indipendentemente dal contesto in cui sono eseguiti. Paragonata all'area F5, l'area Fi potrebbe essere così definita un «vocabolario» di movimenti. Le proprietà motorie descritte sono comuni a tutti i neuroni di F5. Tuttavia, se si analizzano in dettaglio quelli che rispondono anche a stimoli visivi appare evidente che nell'area F5 esistono due distinte categorie di neuroni visuomotori. I neuroni della prima categoria si attivano quando la scimmia osserva oggetti che possono essere afferrati (neuroni cosiddetti «canonici», in quanto l'informazione visiva è strumentale all'azione canonicamente codificata nell'area F5). I neuroni della seconda categoria scaricano quando la scimmia osserva un altro individuo eseguire un movimento simile a quello codificato dal neurone durante l'esecuzione attiva (neuroni specchio). Per quanto attiene ai neuroni canonici, è sufficiente sottolineare il fatto che le loro proprietà visive sono altamente congruenti con quelle motorie. Infatti, i neuroni che si attivano quando l'animale osserva oggetti di piccole dimensioni si attivano anche durante l'esecuzione di azioni di afferramento di precisione, mentre i neuroni selettivamente attivi quando la scimmia osserva grandi oggetti afferrabili scaricano anche durante l'esecuzione di azioni di afferramento di oggetti di grandi dimensioni (ad es. prensione con la mano intera). I neuroni specchio appaiono identici a quelli canonici per quanto attiene alle loro proprietà motorie, ma differiscono radicalmente per quelle visive. Gli stimoli visivi che li attivano più efficacemente sono azioni in cui la mano o la bocca dello sperimentatore interagiscono con gli oggetti, mentre la semplice presentazione di cibo o di oggetti tridimensionali non evoca alcuna scarica. Le azioni più comuni che - osservate - attivano i neuroni specchio sono «afferrare», «posizionare», «manipolare», «tenere in mano» e rispecchiano quindi, con vari possibili gradi di specificità, le categorie di azioni codificate nell'area F5 durante l'esecuzione. La maggior parte dei neuroni specchio risponde selettivamente a un solo tipo di azione (ad es. affettamento con due dita di un oggetto di piccole dimensioni). Anche se indistinguibili per quanto riguarda le loro proprietà motorie, nell'area F5 esistono quindi due distinte categorie di neuroni visuomotori: canonici e specchio. Entrambe le categorie mostrano un'interessante congruenza tra l'azione codificata durante l'esecuzione e l'oggetto/azione la cui osservazione è in grado di evocare una risposta nel medesimo neurone. Come si possono spiegare queste osservazioni ? L'interpretazione più plausibile per spiegare la risposta visiva dei neuroni canonici è che esista una stretta connessione tra gli oggetti e le azioni necessarie per interagire con essi. Conseguentemente, ogni volta che viene presentato un oggetto afferrabile viene attivata la popolazione neuronale di F5 più adatta a generare l'interazione mano/oggetto, e quindi l'azione è «automaticamente» evocata. L'attivazione motoria provocata dall'osservazione di un oggetto rappresenterebbe quindi un'azione potenziale, in altri termini l’«idea» di come agire. In certe circostanze, questa idea guida l'esecuzione del movimento, in altre rimane una rappresentazione ineseguita, che potrebbe in linea di principio venire utilizzata anche a scopo di classificazione semantica. L'interpretazione della funzione dei neuroni specchio è che, anche in tal caso, la loro scarica evochi la rappresentazione interna di un'azione. In questo caso, di quella corrispondente all'azione osservata. In altri termini, l'azione osservata selezionerebbe il «vocabolo» motorio (l'azione potenziale) congruente all'interno del «vocabolario» dell'area F5. L'accoppiamento visuomotorio rappresentato dai neuroni canonici potrebbe essere alla base del trasferimento sensori-motorio che adatta la mano all'oggetto, mentre quello che caratterizza i neuroni specchio potrebbe sottostare alla comprensione e all'imitazione delle azioni altrui. Da quanto esposto emergono due concetti principali: 1) in corteccia sono prevalentemente rappresentate le azioni e non i movimenti; 2) i neuroni che codificano tali azioni spesso rispondono anche a stimoli sensoriali. La coesistenza di risposte visive e motorie nel medesimo neurone potrebbe sembrare, a prima vista, paradossale. Infatti, se ci si pone nella prospettiva di un neurone che riceve informazioni da una delle cellule visuomotorie descritte in precedenza, esso verrà ugualmente facilitato nel caso in cui si agisca e nel caso in cui un determinato stimolo sensoriale venga percepito. Da ciò deriverebbe un'ambiguità intrinseca alle risposte sensori-motorie. L'interpretazione più verosimile è che la scarica dei neuroni visuomotori non sia né puramente visiva né puramente motoria, ma piuttosto codifichi un'azione motoria potenziale. L'accesso a questa azione potenziale può essere sia automatico (come nel caso della stimolazione visiva dei neuroni canonici o specchio dell'area F5), sia volontario (come nel caso dell'esecuzione di un'azione). In altri termini, in base a questa interpretazione, la scarica dei neuroni visuomotori indicherebbe che una particolare azione viene rappresentata all'interno, indipendentemente dall'uso futuro che il cervello ne farà. In effetti, una determinata azione di afferramento può «venire in mente» quando osserviamo oggetti che potremmo afferrare, quando osserviamo altri agire, quando pensiamo di agire e, ovviamente, quando decidiamo di agire. Solo in quest'ultimo caso le azioni potenziali vengono trasformate in azioni reali. Se questa interpretazione viene accettata, appare evidente l'omologia dell'organizzazione funzionale delle aree premotorie, e in particolare di quelle ventrali come, ad esempio, l'area F4 e l'area F5. Queste aree contengono «vocabolari» di azioni potenziali che possono essere evocate sia da stimoli esterni che dalla volizione. La differenza tra le aree dipende dai rispettivi vocabolari motori: in F5 i movimenti di afferramento sono correlati alle caratteristiche intrinseche dell'oggetto, mentre in F4 sono correlati alla posizione dell'oggetto nello spazio. La possibilità che il sistema nervoso possa rappresentare internamente le azioni, anche in assenza di contingenze motorie, apre nuove e importanti prospettive anche per l'interpretazione di alcuni meccanismi percettivi. Il sistema dei neuroni specchio che combina osservazione ed esecuzione del movimento potrebbe essere anche alla base della comunicazione gestuale tra individui e, probabilmente, del linguaggio. Le risposte visuomotorie dei neuroni canonici di F5 potrebbero rivestire un ruolo essenziale nella categorizzazione semantica degli oggetti. Sebbene sia verosimile che l'analisi semantica degli oggetti debba coinvolgere aree temporali appartenenti al cosiddetto ventral stream, secondo la distinzione proposta in origine da L. Ungerleider e M. Mishkin, è al tempo stesso altrettanto verosimile che una completa conoscenza semantica degli oggetti non possa prescindere dall'informazione relativa alla maniera in cui interagiamo con essi. LUCIANO FADIGA |